Patrimonio
Paesaggi Portuali
Ancona

IL LUNGOPORTO

L’accesso è spettacolare. Quando le navi e i traghetti che attraversano il Mare Adriatico arrivano in Ancona si spalanca il varco monumentale tra Porta Pia – realizzata alla fine del 1700 per volere di Papa Pio VI – e il Duomo dedicato a San Ciriaco, sul colle Guasco. In quel passaggio si rinnova ogni giorno la connessione millenaria tra nazioni e persone, lingue culture e merci. In mezzo, di fronte al lungo porto come passeggiata cittadina, si dispiegano le banchine commerciali della Nuova Darsena, il cuore del porto commerciale e della logistica, col paesaggio dei containers e delle gru, le attività operative dei cargo e delle navi portarinfuse. E’ uno spazio dinamico che ha accompagnato la trasformazione del porto industriale in snodo della logistica contemporanea, dove tradizione e tecnologia mettono in contatto il territorio con le grandi reti della globalizzazione. Lo scambio di valore e valori ha dialoghi storici e privilegiati con i porti della Grecia – Igoumenitsa e Patrasso – dell’Albania – Durazzo – della Croazia – Spalato e Zara. Dal mare alla terra al mare, infinitamente si rinnova il ruolo e l’influenza del porto di Ancona come “Porta d’Oriente”, collegamento privilegiato dell’Europa centro-settentrionale con il Mediterraneo sud-orientale. Così, lungo le rotte storiche e quelle delle nuove economie, si collegano porti, città, territori, storie e geografie. Ancona sempre al centro, piccola patria per naviganti, santi, mercanti e viaggiatori.

Il porto dei luoghi, delle persone, dei lavori; il porto dei monumenti e dei rituali, dei volti, delle storie e delle tradizioni; il porto delle identità, delle lingue, delle prospettive e delle memorie di luogo. E’ una lettura d’autore quella che Gian Luca Favetto ( Torino, 1957) –  poeta, giornalista, scrittore, drammaturgo italiano – ha costruito per il porto dorico su committenza dell’Autorità di sistema portuale del mare adriatico centrale. Gian Luca Favetto scrive sul quotidiano la Repubblica, ed è una voce storica di Radio Rai. Ha ideato il progetto Interferenze fra la città e gli uomini. Tra i suoi lavori più celebrati: Se dico radici dico storie, le poesie Mappamondi e corsari, l’audiolibro I nomi fanno il mondo, il romanzo La vita non fa rumore, il racconto Un’estrema solitudine.

VISTA PORTO

di Gian Luca Favetto

Vista dall’acqua, Ancona è una collina, un inseguirsi di colline che da una parte entra in città e dall’altra scende con eleganza in mare, in questo continuo muoversi di onde, questo continuo mutar di cieli, che si fa specchio avvicinandosi all’approdo. Una città battigia, come soltanto le città–porto riescono a essere. È il loro destino, e contro il destino non si va, se si vuole rimanere se stessi.

Un’apparizione di tetti rossi e facciate bianche, una tavolozza viva. Gru blu e grigie dai movimenti lenti e studiati che sembrano giganti giovinetti in duplice filar. Una barriera frangiflutto, un’altra, un’altra ancora. Il tutto dà forma a un abbraccio disteso e potente che puoi far cominciare alla Marina Dorica e finire al Molo Nord, all’Imboccatura. Dietro, ci sono i condomini, le strade, i binari della ferrovia e la Stazione, la via Flaminia. Ancora oltre, la Posatora, Piano San Lazzaro, Vallemiano, Borgo Rodi, Palombina, il Centro storico, il Passetto, Pietralacroce: li sai, i quartieri, anche se non li vedi; percepisci rumori e suoni, il brulicare della città, senti che premono sul fronte, sulla fronte del porto, che, con il suo gomito, è la vera faccia della città.

Una lunga passeggiata con gli occhi da sud sud–ovest a nord nord–est. Un collage di sguardi e di immagini. Marina Dorica, una foresta di alberi bianchi piantati nell’acqua in attesa di vestirsi di fronde, quando, ritirando le radici a bordo, lasciano il rifugio dai venti di tramontana e levante, aprono le vele e cominciano ad andare a pescare le onde. La Darsena, con i grandi cantieri degli yatch, delle imbarcazioni da diporto, con i capannoni che sono scrigni da cui escono gioielli. La Vasca di colmata, che contiene i fanghi e la sabbia dei porti che ricadono sotto la giurisdizione di Ancona. La Zona industriale, zona container, con la banchina Marche che la gente di qui chiama Banchina 26. Il Lazzaretto, con il mandracchio dove ormeggiano i battelli e il mercato ittico. Alle spalle, l’arrocco di case, campanili, cupole, occhi come finestre, nasi come balconi, torri, tetti e, a sinistra, la dolcezza sicura di San Ciriaco con il campanile che gli fa da avanguardia e la grande ombra del Cardeto. Più in là, a chiudere la visione, l’imponenza di Fincantieri con la gru a carrello rossa e bianca che sembra una cornice e una porta.

L’Imboccatura, infine, con le sue banchine, la lanterna verde e la lanterna rossa, il porto Romano, il porto Antico, il molo Rizzo, il molo Santa Maria, il Terminal crociere. E le grandi navi, e i traghetti che visti da terra sono immensi, visti dal mare sono cigni, pulcini. Hanno nomi che sono versi, Jadrolinija, Adria, Anek, Snav, Grimaldi, versi come suoni e direzioni, rotte. Ogni rotta è uno scalino da salire assalire assaggiare annusare sulla pianura a onde del mare. Hanno i colori che, insieme, sono arcobaleno, blu giallo rosso arancio verde bianco, colori e motori che macinano cammini. Le grandi navi, i traghetti, sono il tramonto e l’alba del porto.

 

Testo: Cristiana Colli

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